Digital Fashion Communication, quando la comunicazione va di moda

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Servizio comunicazione istituzionale

20 Marzo 2018

Lorenzo Cantoni è professore ordinario alla Facoltà di scienze della comunicazione dell’USI, dove ha anche ricoperto il ruolo di decano dal 2010 al 2014 ed è ora Direttore dell’Istituto di tecnologie per la comunicazione. I suoi insegnamenti e la sua ricerca si concentrano sull’impatto dei media digitali in determinati contesti comunicativi, inclusi la formazione, il turismo, la moda e le istituzioni. È titolare della cattedra UNESCO dell’USI in Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) per lo sviluppo e la promozione del turismo sostenibile nei siti del patrimonio mondiale, e ha ricoperto, fino a gennaio 2018, anche la carica di Presidente della IFITT – International Federation for IT and Travel & Tourism

 

Professor Cantoni, che cos’è di preciso la Digital fashion?

In generale, si tratta dell’area di sovrapposizione o interrelazione tra il campo della moda e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). Queste tecnologie giocano un ruolo fondamentale al giorno d’oggi, sia nel campo della moda, sia nel guidare gli utenti nel scegliere l’abbigliamento appropriato o nel giudicare che cosa sia o non sia alla moda. Esistono tre livelli principali d’interazione.

Innanzitutto, le ICT influenzano profondamente il ciclo di vita produttivo della moda e dell’abbigliamento: a partire dal design che avviene con l’ausilio di computer, all’automazione dei processi produttivi, fino alle nuove tendenze di stampa in 3D o alle wearable technologies, le tecnologie che si possono indossare. Inoltre, i processi di distribuzione oggi sono ampiamente basati su sistemi di logistica gestiti grazie alle nuove tecnologie.

In secondo luogo, l’utilizzo delle ICT è molto diffuso per la commercializzazione di prodotti nel campo della moda: le aziende forniscono sempre più informazioni e servizi attraverso siti web, applicazioni su smartphone, social media, realtà virtuale o aumentata. Gli articoli vengono venduti su piattaforme e-commerce, e le ICT sono ora presenti nei negozi sotto forma, ad esempio, di specchi interattivi, tramite la possibilità di configurare/personalizzare gli oggetti ecc. In generale, essere sempre connessi tramite dispositivi mobili offre infinite opportunità per coniugare le esperienze online con la vita offline, ed ecco perché i marchi del mondo della moda agiscono in maniera capillare su tutti i canali (omnichannel).

In terzo luogo, la comunicazione digitale sta svolgendo un ruolo importante anche quando si tratta di definire l’idea stessa di “essere o no alla moda”. Le aziende nel campo della moda pubblicano online, ma pubblicano anche i cosiddetti “influencer” e le persone appassionate all’argomento, contribuendo così in maniera attiva al dialogo tramite la pubblicazione di immagini, recensioni e opinioni, creando insieme tendenze e condividendo i gusti personali. In questo contesto, l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati ricoprono un ruolo fondamentale per interpretare e anticipare le mode.

Presso la Facoltà di scienze delle comunicazione all’USI stiamo facendo ricerca sul secondo e terzo livello d’interazione appena menzionati, e abbiamo inaugurato, in collaborazione con l’Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne – un Master dedicato in “Digital Fashion Communication”. Inoltre, colleghi della Facoltà d’Informatica dell’USI si occupano degli aspetti del primo livello, come ad esempio il riconoscimento 3D e le tecnologie wearable.

 

Quali sono le sfide principali che l’industria della moda dovrà affrontare nel prossimo futuro?

Come suggerito dall’autorevole “The State of Fashion 2018”, pubblicato da Business of Fashion in collaborazione con McKinsey, le sfide principali saranno: (i) affrontare la volatilità, l’incertezza e i cambiamenti dell’economia globale; (ii) la competizione sia online che omnicanale; (iii) il miglioramento della catena di valore e la digitalizzazione; (iv) la riduzione della pressione sulla vendita al dettaglio offline.  

Mentre la prima sfida ha a che fare con grandi cambiamenti globali – ad esempio nel campo della moda, come indicato nel Report citato, nel 2018 “più della metà delle vendite di abbigliamento e calzature sarà generata da paesi esterni all’Europa e al Nord America” – tutte le altre sono strettamente legate alle ICT.

In generale, direi che le ICT stanno modificando profondamente il settore della moda, rendendolo più globale, accelerandone i processi e sfidando lo status quo degli attuali modelli di business e degli attori più importanti.

Saranno necessarie soluzioni sempre più creative e ibride, in grado di unire l’esperienza del toccare fisicamente un tessuto o d’indossare un abito, con i numerosi processi digitali coinvolti, dal marketing alla vendita, dalla valutazione al lancio di nuove mode, stili e operatori.

 

La comunicazione digitale ha avuto un impatto molto forte su altre industrie, come ad esempio il settore del turismo. Potrebbe esserci una simile evoluzione anche nel campo della moda?

Penso proprio di sì. Se si pensa che, per esempio, secondo il Report 2017 di Netcom Suisse, il settore dell’e-commerce in Svizzera è uno dei principali per quel che riguarda le transazioni nel campo della moda, dei trasporti e dei viaggi. Tendenze simili si registrano anche in Europa e nel resto del mondo.

Entrambi i settori si basano sull’esperienza: le ICT sono particolarmente indicate per anticipare ciò che l’utente potrà vivere, attraverso immagini, video e realtà virtuale. Le ICT possono aiutare a sognare, a condividere esperienze e recensioni, a lanciare mode, nuovi stili ecc. Ciò vale sia nel campo del turismo, sia in quello della moda.

Le ICT hanno contribuito alla nascita di nuovi modelli di business: ad esempio la possibilità di una personalizzazione molto estesa nel campo dei viaggi con infinite possibilità di progettare la propria esperienza, o nella moda dove è possibile configurare le proprie calzature online scegliendo forme, colori, materiali e accessori ad hoc. I blogger e gli altri influencer ricoprono un ruolo importante in entrambi i settori: si pensi a Chiara Ferragni, che da semplice blogger di moda ha ora lanciato una sua azienda. In entrambi i settori si osserva l’emergere d’importanti piattaforme digitali sia dedicate, sia generaliste, che stanno assumendo sempre più importanza. Non dimentichiamoci l’ascesa dei mercati cinesi e pacifico-asiatici che stanno ridisegnando il contesto globale.

Vorrei menzionare qui alcuni ulteriori casi per sottolineare ciò che accomuna entrambi i settori. Il turismo e la moda sono legati dal punto di vista degli eventi: le settimane della moda influenzano anche il settore turistico perché consentono il branding di una destinazione e attirano nuovi pubblici. Allo stesso modo, i principali festival musicali (es. Coachella o il Burning Man) sono proposti e recepiti come eventi turistici e di moda, e rappresentano il contesto in cui nascono nuovi stili e tendenze. Pensiamo anche ad attività specifiche come lo sport o il turismo invernale con il loro rispettivo equipaggiamento, o consideriamo il nesso fra turismo in località marine e abbigliamento da bagno. Le linee aeree low-cost fanno sì che i viaggiatori del nostro emisfero viaggino verso mete tropicali in cerca del caldo anche d’inverno, e di conseguenza quello che un tempo era considerato un mercato stagionale, come la “moda mare”, ora si è profondamente de-stagionalizzato.

 

Quanto è radicata la cultura nell’era digitale della comunicazione, anche nel settore della moda?

Tutti noi siamo nati senza niente addosso, tuttavia passiamo gran parte della nostra vita vestiti. Ciò che indossiamo non ha solo il compito di coprire e proteggere il nostro corpo ma anche di esprimere chi siamo. Si potrebbe dire che, in qualche modo, ci vestiamo anche per svelare la nostra interiorità, i nostri valori, il nostro stile di vita, i nostri desideri ecc.

La moda è decisamente un elemento importante della nostra cultura. Un importante progetto del Google Cultural Institute s’intitola “Indossiamo la cultura”, e la possibilità di digitalizzare gli archivi ci offre nuove opportunità per documentare la storia della moda e dei costumi. Un progetto simile, disponibile online gratuitamente, è curato dalla Europeana Fashion International Association.

A mio parere, chiunque voglia capire e gestire il campo della comunicazione digitale della moda ha bisogno di contestualizzarla in processi culturali di lungo termine.

 

Quale scenario futuro potrebbe essere plausibile per il settore della moda nel 2030?

Tutte le tendenze menzionate collegate con tecnologie mobili sono destinate a durare negli anni e ad assumere maggiore importanza. Possiamo anche prevedere un aumento nel campo dell’e-commerce attraverso piattaforme globali o gestite direttamente dai marchi del settore della moda.

Oltre alla vendita, in futuro l’affitto e lo scambio troveranno probabilmente anche loro un posto nel campo della moda. Molte persone potrebbero abbonarsi a servizi che offrono la possibilità di cambiare e rinnovare il proprio guardaroba ogni mese o addirittura ogni settimana, affittando i capi d’abbigliamento anziché acquistarli. Questa nuova tendenza potrebbe essere dettata anche da una maggiore attenzione verso la sostenibilità. Quello che prima si faceva specialmente con la moda bimbi, come scambiare o prestare i vestiti di seconda mano, adesso con nuclei famigliari più piccoli sarà fatto sempre più online su piattaforme dedicate. La maggior parte delle persone avranno una scansione 3D del proprio corpo per garantire una vestibilità perfetta degli abiti comperati o affittati online.

Come succede ora con Shazam nel mondo della musica, che riconosce un brano musicale dopo pochi secondi, nel campo della moda saremo in grado di riconoscere in una foto la maggior parte degli indumenti o accessori che una persona indossa. Queste applicazioni forniranno anche recensioni, le offerte migliori per il nuovo e l’usato, e chi le sta utilizzando entro la nostra cerchia di conoscenze.

È probabile inoltre che nel settore della moda emergano i cosiddetti “sistemi di raccomandazione” (recommending systems), come è avvenuto per il turismo. Ad esempio, Amazon ha recentemente lanciato sul mercato Europeo una macchina fotografica chiamata Echo Look, che può essere sistemata nel guardaroba e con la quale si possono fare selfie e video tramite comando vocale in modo da condividere il proprio aspetto con gli amici sui social media. Echo Look offre anche uno “Style Check”, un controllo di stile: dopo aver scattato due foto di due look differenti, il sistema consiglia quello più adatto basandosi sull’intelligenza artificiale e su consigli di esperti. Da ultimo, Amazon potrà avere un accesso diretto al guardaroba e consigliare ulteriori capi da acquistare o da abbinare.

Come si può evincere da quest’ultimo esempio, lo scenario futuro richiederà la collaborazione non solo di esperti in ICT e comunicazione digitale della moda, ma anche di una chiara attenzione nei confronti della privacy e di questioni etiche e di sostenibilità.

 

Per informazioni sul nuovo Master in Digital Fashion Communication dell'USI:
www.usi.ch/mdfc

 La versione orginale di questa intervista (in inglese) è pubblicata su Ticino Welcome n.56 (marzo-maggio 2018), pp. 22-24.