Cosa farete? - Un racconto per i 25 anni dell'USI

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Servizio comunicazione istituzionale

17 Maggio 2021

In occasione dei 25 anni dell’USI vi proponiamo un racconto, “Cosa farete?”, che è stato recitato durante la cerimonia del Dies academicus.

Il racconto è accompagnato dalle illustrazioni di Joël Pretot, fumettista e illustratore ticinese.

 

Di seguito il testo del racconto:

“Nonno, nonno! Guarda che cos’abbiamo trovato. Il giallo so cos’è!” grida Lucia attraverso la finestra. Ma Nonno Paolo è immerso nei suoi pensieri. Approfitta di quei giorni in montagna per riflettere. Oggi, gli sono tornate in mente le parole di suo padre, che poco prima di morire aveva radunato i figli per stilare l’elenco di quello che la sua generazione aveva fatto per—come diceva lui—“ribaltare il Ticino”. Lui nato nell’allora nuovissimo Ospedale Civico di Lugano, aveva fatto carriera non lontano da lì in conceria, tanto da attirare l’attenzione della proprietà, e della figlia del padrone, una donna fenomenale! Ma non era di questa conquista che voleva parlare con i figli, piuttosto delle lotte per difendere il Cantone a livello federale, delle prime emissioni di Radio Monte Ceneri, della creazione del Festival del cinema, delle dighe, delle autostrade, e anche del voto alle donne, ancora prima che in molti Cantoni della Svizzera interna. E poi, finito l’elenco, si era rivolto a loro dicendo: “E voi, voi cosa farete?” Parole, che anche a un uomo di trent’anni già avvocato, avevano creato una certa angoscia. Così, oggi, Paolo tra le sue montagne fa mente locale e la prima cosa che gli viene in mente, delle cose fatte, delle cose che con orgoglio avrebbe usato per rispondere a suo padre, è la sua partecipazione al voto che aveva portato alla creazione dell’Università della Svizzera italiana.

Paolo era entrato in politica per dare seguito all’impegno sociale che animava sua madre, e malgrado qualche esitazione, quel 3 ottobre 1995 aveva votato come la quasi totalità dei parlamentari, in favore di quella grande sfida, la creazione dell’Università. Però qualche dubbio ce l’aveva ancora: era giusto che un Cantone così piccolo distogliesse mezzi alla scuola dell’obbligo? Ma in fondo, c’era proprio bisogno di un’università in Ticino? Lui come tanti altri si era formato bene Oltralpe; la nostra Terra ha visto crescere architetti-capomastri autodidatti, e c’era già una Scuola Tecnica Superiore; i nostri migliori scrittori e letterati si sono formati senza un ateneo ticinese.

Nonno Paolo non si accorge che, dall’emozione, parla ad alta voce. Suo figlio Franco lo tranquillizza: “Dai papà! Forse non ti ricordi che Noemi e io ci siamo incontrati all’USI nel 1999, in occasione di una conferenza sulla Costituzione per l’Europa. Almeno a quello l’Università è servita!”, sorride divertito. Noemi, era arrivata in Ticino dall’America latina, per fare il liceo. I suoi bisnonni malcantonesi avevano attraversato l’Oceano per cercare fortuna, e come i proprietari della Villa nel Parco dell’Accademia di architettura, l’avevano anche trovata, mentre lei, un po’ per nostalgia, un po’ per il gusto dell’avventura, era voluta tornare nella terra di famiglia. Franco e Noemi erano poi partiti assieme a Zurigo per gli studi, e si erano sposati strada facendo. “Papà—prosegue Franco—e se non bastasse, dopo il dottorato, Noemi ha lavorato all’Istituto di ricerche biomediche, affiliato all’USI, prima di entrare nel settore farmaceutico. Senza l’USI, oggi non saremmo qui.”

Nonno Paolo, non dice niente, e scuote ancora la testa. Sembra aver perfino dimenticato la gioia che aveva provato quando suo figlio minore, Carlo (fratello di Franco) aveva deciso di studiare informatica, dando seguito, senza partire da casa, a quell’interesse scaturito dal racconto appassionato di sua moglie, di come un computer avesse battuto il campione del mondo di scacchi. Carlo gli aveva spiegato, che la Facoltà di scienze informatiche era già in germe nel progetto iniziale: i primi 326 studenti dell’Università avevano potuto seguire i corsi di colui che via nave portò al di qua dell’oceano il primo computer in Italia. Eppure, nonostante la storia del Ticino e della sua famiglia sia così legata all’Università, il nonno esita ancora: abbiamo veramente fatto la cosa giusta 25 anni fa?

La risposta arriva dalla nipotina Lucia, che questa volta entra in casa eccitata e felice per raccontare la sua scoperta: “Nonno, nonno, abbiamo trovato una mosca schiacciata—dice la bambina—e c’è una piccola macchia gialla. Io so cosa è. È il suo cervello! Ne ho visto uno a L’Ideatorio dell’USI: l’ho imparato lì, quindi è vero!”

 

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Un racconto: "Cosa farete?"